Professionista per vezzo e per necessità. L’idea di Franco Iannarelli
“…Questi sono mestieri, che si inventano alla scuola dei sogni che non contano”. Così recitava il ritornello di una canzone di Edoardo Bennato. Correva l’anno 1987 e l’Italia era a pieno regime di prima repubblica, quando il sogno dell’italiano medio, viaggiando ancora a medie /alte probabilità di successo era quello dell’impiego pubblico dopo il diploma superiore o la licenza media, oppure ereditare la gestione di una rodata attività di famiglia. Inutile soffermarsi sui successivi mutamenti epocali fino ad aggi, e tanto più deleterio è gettarsi nello scoramento di un’ abissale sindrome da disoccupati. Il talento non ha età, né scadenza come yogurt affastellati sugli scaffali della grande distribuzione. L’ingegno non può soffocare tra le opprimenti logiche di mercato ma deve autoalimentarsi di se stesso. Basterà questo per uscire dalla crisi? Basterà per rivendicare una propria individuale dignità e ruolo sociale nel mondo del lavoro. L’effetto globalizzante del web ha generato inflazione in molti segmenti di mercato, ma allo stesso tempo apre le porte alla visibilità collettiva di inguaribili internauti per vizio e indotti neofiti del virtuale e della comunicazione massificata per scelta inevitabile. “Mestieri che si inventano” è una rubrica che darà spazio a voi, artefici, e non succubi del mestiere, proponenti e inventori che non demordono. E’ forse questa la vera risorsa del futuro? Intanto conosciamone uno tra i tanti, Franco Iannarelli, artigiano romano che al cinico anagrafe risponde a suon di sogni e progetti con una linea tutta personale di artistiche creazioni.
D.I.
“Ho 52 anni e fin verso i 40 anni ero un tecnico di riparazioni
telefonia. Purtroppo non mi resi conto che le riparazioni, e in special modo quelle dei telefoni, ormai erano sorpassate. Non mi aggiornai, così a un certo punto dovetti chiudere il mio laboratorio perché i clienti venivano con il contagocce. Mi ritrovai sulla soglia dei 50 anni a trovare un nuovo lavoro ma ben presto dovetti far mente locale che ero troppo in là con gli anni per fare l’apprendista, mentre la mia specializzazione era fuori mercato.
Decisi di inventarmi un lavoro e siccome sapevo disegnare e avevo anche frequentato una scuola di fumetti, mi misi sotto a cercare di realizzare il progetto di diventare illustratore/fumettista. Ma non andò in porto, anzi fallii proprio, avevo sì trovato da lavorare con qualche commissione ma poi si fermò tutto fino a che abbandonai il progetto. Dopo vari lavoretti saltuari decisi di riprovare a sfruttare la mia vena artistica e, attratto dalle sculture o dall’arte materica in genere, cominciai a realizzare maschere e altre opere, mettendole in vendita sul marketplace di Facebook. Questo è quello che sto facendo ora e anche se sono ben lontano dal guadagnarci un minimo di stipendio, sono fiducioso che presto o più tardi comincerò a rendere questa attività un’attività professionale.
Per le mie creazioni utilizzo materiali vari, in maggior parte riciclati da rottami e scarti. I miei generi preferiti sono l’horror, il surreale, il magico e lo steampunk. Le maschere o i busti di mostri sono le opere che ho prodotto di più, ma ho realizzato anche armi di fantasia, bastoni da passeggio e soprammobili. La creatività non mi manca, ma quello che devo scovare se voglio fare un passetto in avanti, è quel pubblico specifico a cui può piacere il mio stile che è veramente poco commerciale. Il marketplace di Facebook è troppo generico e più adatto a dei prodotti di massa”.