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DANIELE COLETTA, L’ARTE DI COSTRUIRE IL SUCCESSO/L’INTERVISTA

Il cantautore romano neo trionfatore a Deejay On Stage ci accompagna nel dietro le quinte della sua storia artistica

A circa un mese dalla pubblicazione di “Trastevere”, affresco di autobiografia e racconto sociale Daniele Coletta ridipinge il suo percorso artistico attingendo dai colori del passato. Romano di nascita classe 1992 a soli 16 anni partecipa alla prima edizione di “Ti lascio una canzone” nel 2008. Di li la svolta che lo porterà negli Stati Uniti per completare la fase accademica del canto per poi tornare in terra madre e riprendere da X Factor il discorso lasciato in sospeso, fino al recente trionfo a Deejay On Stage.

Ci sono degli artisti emergenti italiani che secondo te meritano di sfondare?

Potrei farti una lista di amici che stimo molto, uno su tutti Cristiano Turrini, mio grande amico e collega nella stessa etichetta “Cantieri Sonori”. Se ancora non lo conoscete andatelo ad ascoltare

C’è un artista che vedi come punto di riferimento nella scena musicale italiana?

Ho sempre stimato moltissimo Giuliano Sangiorgi coi Negramaro. Il loro modo di scrivere e comunicare è unico.

Quanto è difficile per un cantante rimanere sempre “affamato” e determinato a fare sempre meglio?

La fame e la voglia di essere sempre la migliore versione di sé stesso è una costante. È un mondo molto complicato, saturo e competitivo. Bisogna crederci.

Ti capita spesso di avere dei momenti no in cui non riesci a scrivere?

I momenti no sono più comuni dei momenti si. Soprattutto per me che sono perfezionista. Spesso nasce un’idea spontanea e forte e la pressione di confezionare il brano in linea con quell’idea iniziale è alta quindi spesso vado nel pallone e ci ripenso mille volte.

Credi che la musica ti abbia cambiato caratterialmente?

Che bella domanda! Si, credo che la musica mi abbia accompagnato e cambiato caratterialmente. Sicuramente negli anni mi ha fatto acquisire molta fiducia in me stesso e anche molta forza. Inoltre, per salire su palchi importanti ed arrivare a sentirmi a mio agio anche il coraggio è certamente aumentato negli anni.

Se potessi scegliere una città lontana dall’Italia per continuare il tuo percorso artistico, dove andresti?

Sicuramente New York, ho già vissuto lì per tre mesi ed è una città talmente attiva per i musicisti che in poco tempo ho trovato tantissime opportunità lavorative.

Cosa pensi sia cambiato, a livello musicale, rispetto ai tuoi primi progetti? Avverti anche tu una maggiore consapevolezza?

Senza ombra di dubbio. Innanzitutto, rispetto a prima ora scrivo le mie canzoni, già solo questo cambia tutto. Prima ero solo un interprete, ora racconto la mia vita, le mie emozioni e i miei pensieri. È tutta un’altra storia.

Dopo aver scritto Trastevere avevi la sensazione di aver creato qualcosa di unico?

Avevo la sensazione che fosse speciale. Ci ho creduto sin dal primo istante. Trastevere è l’unica canzone che ho creato finora a non essere stata modificata o rivista. L’idea era talmente chiara e forte che abbiamo deciso di fidarci del nostro istinto al primo colpo.

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