Mediafrequenza incontra la grande e multiforme vocalist, per parlare della recente pubblicazione di “Let The Music Play”, titolo in omaggio a Barry White e realizzato con Papik
di Davide Iannuzzi
Dal jazz al blues fino al mainstream le gerarchie dei generi possono sparire dietro l’imponente e vibrante vocalità della rossa di Southampton, ormai da oltre trent’anni sulla scia delle più grandi vocal performer di sempre. Personalità, duttilità di interpretazione e una straordinaria capacità di inglobare una molteplicità di registri vocali ai limiti del puro trasformismo in una stessa esecuzione, sono il principale riconoscimento a lei tributato dalla critica internazionale. Eppure dalle nostre parti Sarah Jane Morris affranca il suo mito alla tradizione della canzone d’autore, rievocando l’indimenticabile duetto con Riccardo Cocciante in quel Sanremo del 1991 dove i due intonarono la vincente “Se stiamo insieme”, oppure, sempre a Sanremo qualche anno più tardi con Noemi in “To Feel in Love”, versione inglese di “Amarsi un po’” di Lucio Battisti. E’ del 2021 la sua apparizione nell’album “Dare” di Mario Biondi con il quale duetta il brano “Show Some Compassion”, in un cast in cui compaiono anche Dodi Battaglia, Enzo Avitabile e Annalisa Minetti. Il 2021 segna anche l’uscita di “Let The Music Play” firmato Jane Morris e Papik, progetto del compositore romano Nerio Poggi. L’album celebra le tradizioni del pop, del soul e della bossanova. E Sara Jane Morris ce ne fornisce un assaggio nell’intervista rilasciata a Mediafrequenza.
Esiste un elemento comune che lega le 11 tracce di Let The Music Play?
L’elemento comune è che sono canzoni che piacevano sia a Papik che a me. La maggior parte di quelle degli anni ’80 e alcuni degli anni ’90.
In cosa consiste il feeling artistico tra te e la Papik band nella realizzazione di questo lavoro?
Abbiamo registrato questo album a Roma e St Leonards on Sea. Ho registrato tutte le voci qui e Papik ha registrato tutti i musicisti a Roma e Tony Remy ha registrato le sue parti di chitarra a Londra. Papik e io avevamo già lavorato insieme ma non ci eravamo mai incontrati. Mi è davvero piaciuto mettere insieme questo album in questo modo e mi è piaciuto molto incontrare e suonare con Papik e la sua band in estate quando siamo venuti in Italia. Abbiamo scritto virtualmente anche le canzoni originali.
La tua collaborazione con la Papik Band inizia con l’inedito “I really feel you so”: puoi dirci di come è nato questo brano?
Mi è stato chiesto di entrare in uno studio a Bologna per registrare la mia voce su questa canzone, molti anni fa, e mi è stata data la libertà di cambiare alcune parole e melodie.
Ti sei fatta conoscere al grande pubblico con un brano pop simbolo degli anni ottanta, ma poi le tue scelte ti hanno portato lontano dal mainstream; Questo disco è un ritorno alle origini o la volontà di far incontrare mondi musicali contrapposti?
Questo album è un territorio musicale familiare al mio primo album, con Irma Records, nel 1995, con ‘Blue Valentine’. Sentivo che il mondo aveva bisogno di un album per non sfidare ma per elevare con qualcosa di familiare, ma diverso.
Come è avvenuto il lavoro di selezione dei brani?
Le canzoni sono principalmente degli anni ’80 e abbiamo scelto canzoni che ci piacevano e sentivamo che potevano essere interpretate. Non ha senso fare una cover di una canzone a meno che non la cambi, la rivendichi e la fai tua. Alcune canzoni scelte da Papik, altre scelte da me. Entrambi però eravamo d’accordo.
Parliamo della tua vocalità: in che misura convivono nel tuo modo di cantare la dote naturale e lo studio vero e proprio?
Non ho mai avuto una lezione musicale in vita mia, quindi non ha niente a che fare con l’educazione tradizionale. Ho sviluppato il mio orecchio e mi fido del mio istinto musicale.
Puoi parlarci dei tuoi modelli ispiratori?
Trovo così tanti musicisti stimolanti e ho passato quest’anno a scrivere canzoni su di loro per un album che registrerò a novembre per l’uscita l’anno prossimo.
Hai lavorato con molti artisti italiani come Mario Biondi, Dodi Battaglia Riccardo Cocciante e molti altri. Quali fra questi ritieni essere maggiormente adattabile a una concezione di musica europea o internazionale?
Mario Biondi è quello che ha più successo nel Regno Unito, per via del suo lavoro originario con Incognito. C’è qualcosa di familiare nella sua voce. Quando è apparso per la prima volta sulla scena era conosciuto come il Barry White italiano. Amo collaborare con altri cantanti e spero di continuare a duettare. Ci sono molti grandi cantanti italiani.
Ringraziamenti speciali: Morgana Grancia e Fabrizio Ragonese
Versione inglese: BEYOND GENRES THE UNMISTAKABLE VOICE OF SARAH JANE MORRIS/THE INTERVIEW – Media Frequenza