I bilanci di un’esistenza condensati in un solo anno di tristi accadimenti. Ora, il cambiamento che non si può eludere
di Paolo Marra
Ciao Ennio, ciao Gigi, ciao Diego, ciao Paolo, ciao Sean, ciao Paolo, ciao nonno, ciao nonna. Come raccontare l’anno appena passato se non ponendo tra esso e “ l’anno che verrà” un prima e un dopo, un c’è stato e non tornerà più, un siamo stati senza sapere cosa saremo. Una lunga scia di vite indimenticabili, diventate parte della narrazione collettiva nella quale ognuno può ritrovare un pezzettino del proprio vissuto, si sono sommate ad altre vite portate via dal male invisibile di un virus sconosciuto diventato, senza che ce ne accorgessimo, presenza costante nelle nostre sfere individuali non più connesse naturalmente alle altre, coercizate dalla paura del contatto e dall’incertezza ignota di perdere, senza ritrovarne il senso, abitudini e modelli di scambio sociali costruite nel tempo. È stata la nostra identità individuale e collettività, nel corso dei giorni che compongono un intero anno, ad essere stata rovesciata dalla perdita di una realtà che pensavamo essere concretamente inalterabile, vacillante di fronte al lento costituirsi, nelle coscienze incallite, del bisogno urgente di rivalutare la cieca fede in una fragile normalità. Ci siamo interrogati nel periodo di disconnessione forzata dall’esterno, osservato dai nostri spazi privati, sulla possibilità di intraprendere una strada alternativa, ignorata consapevolmente o distrattamente, appena qualche mese prima.
La profonda riflessione che ha animato i nostri giorni più difficili deve farsi azione nel passaggio definitivo alla maturità collettiva, alla quale non possiamo più sottrarci nell’illusione di poterci affidare a chi ha costruito prima di noi. La lista di nomi inserita all’inizio dell’articolo- ahimè incompleta- assume un senso universale, nelle figure generiche quanto riconoscibili di “nonna e nonna”, sostanziando l’aspetto di spartiacque generazionale dell’anno appena terminato. Con loro scompare nel silenzio un patrimonio intellettuale ed esperienziale, provocando una netta recisione con il passato composto da eventi storici ed artistici percepiti dalle nuove generazioni con l’astrattezza e il distacco di chi può conoscerli solo attraverso le parole scritte e non più attraverso l’ascolto diretto dei suoi protagonisti. A fronte di questo abbiamo l’opportunità unica di esserne, se non all’altezza, almeno prosecutori lungimiranti non vanificando quanto fatta da chi ci ha preceduto.
Non basta più la presa di coscienza di ciò che andrebbe fatto, è tempo di costruire oggi perché consapevoli di essere ignari di che cosa sarà il domani. Il passo verso il cambiamento non può e non deve prescindere dalla valorizzazione del potenziale umano a nostra disposizione nel settore della ricerca, sanitario, tecnologico, economico, produttivo e culturale, formato da giovani qualificati rimasti ai margini di un “progetto per il futuro” mai realizzato. Diventa imperativo costituire intorno a loro contesti lavorativi e didattici in grado di essere al passo con le sfide del presente, senza prescindere dallo sviluppo sostenibile, egualitario, non più dispersivo di risorse naturali ed umane, realizzabile attraverso investimenti mirati in grado di superare macchinosi sistemi di assunzione e formazione ormai inefficaci. Fare nostra la lezione di non aspettare, interrompendo definitivamente l’abitudine istituzionalizzata di un infinito procrastinare, ponendo in essere strutture sociali e sanitarie è uno dei lasciati di un anno nel quale il mostro invisibile della pandemia ha mostrato la faccia nascosta di problemi non risolti, di conseguenze incontrollabili causate da decisioni mai prese da parte dei vari capi di Governo e dal lento disgregarsi del senso di coesione sociale, di cui la cultura dovrebbe essere il collante. Il senso di smarrimento pervasivo di un presente incerto ci induce, in uno dei periodi più oscuri della storia recente, a costringerci a non dimenticare troppo presto, ritrovando negli effetti terribili del suo passaggio la direzione cosciente verso il domani.