Continua con grande successo all’Ara Pacis la mostra multimediale sul regista romano fondatore dello “spaghetti western”, a 30 anni dalla sua scomparsa
di Paolo Marra
Inizia dall’atto finale della carriera di uno dei più grandi registi del ventesimo secolo la mostra “C’era una volta Sergio Leone” che, dopo il successo di pubblico a Parigi, è stata allestita nella magnifica, cornice dell’Ara Pacis a Roma fino al 20 marzo: ad accogliere i visitatori, in un piccolo ingresso illuminato da una luce soffusa, il suono del telefono che squilla ossessivamente della prima scena di “C’era una volta in America” ultima pellicola girata dal regista romano nel 1984 in cui l’esistenza del criminale Noodles, interpretato da Robert De Niro, viene destrutturata in un dedalo di piani temporali dove presente e passato, richiamato da lunghi flashback, si sovrappongono e si sostituiscono, abbracciando un arco di quarant’anni, in un racconto, fra sogno e realtà, cupo e malinconico.
Il percorso espositivo, diviso in diverse sezioni, a cura del Direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli, diventa esso stesso un viaggio temporale nella vita artistica di Sergio Leone, ad iniziare dalla Scalea del Tamburino, che congiunge Viale Giordano al quartiere di Monteverde di Roma, dove il regista passa la sua infanzia, al lavoro a Cinecittà come assistente volontario di Vittorio De Sica nel celeberrimo “Ladri di biciclette” passando per il genere peplum con “Il Colosso di Rodi”, primo film da lui diretto, per approdare a “Per un pugno di dollari” pellicola che cambierà in maniera radicale e definitiva il genere western.
La mostra, grazie al contributo della famiglia Leone e di Unidis Jolly Film, ci restituisce il Sergio Leone più intimo, familiare: il visitatore per la prima volta ha l’opportunità di entrare nel suo studio privato con tanto di scrivania, collezioni di oggetti dell’epoca, di opere letterarie e d’arte tra cui quelle di Goya e Giorgio De Chirico, che con le sue immagini oniriche e metafisiche ha influenzato in maniera determinante la costruzione della filmografia del regista generatrice di figure mitiche, in cui coesistono spazi dilatati e un’attenzione al più piccolo dettaglio visivo e storiografico. Le sale dedicate rispettivamente a “C’era una volta il West” e “C’era una volta in America” con bozzetti, scenografie, cimeli, vestiti di scena, attrezzature e immagini dello storico fotografo di scena Angelo Novi fanno luce in maniera esaustiva sul lavoro visivo, sonoro e narrativo del regista dandoci la misura di un lavoro minuzioso al limite del maniacale. Le musiche di Ennio Morricone, come una voce narrante, ci accompagnano nell’ultima sezione della mostra dedicata al progetto mai realizzato del film “Leningrado” , a causa della morte prematura del regista avventa nel 1989, affiancata dalle proiezioni di film di altrettanti registi tra i quali Quentin Tarantino, Martin Scorsese, John Woo, che nell’immenso lascito cinematografico di Sergio Leone, hanno trovato ispirazione, consacrando un Mito senza tempo che ancora non smette di affascinare.