“Zajal” è una toccante composizione che celebra l’unione e la fratellanza tra culture, con un ponte immaginario tra Roma e Beirut. L’artista ci parla del suo nuovo singolo
Con “Zajal”, il suo nuovo singolo, Adriano Formoso continua a intrecciare musica e ricerca, creando uno spazio sonoro dove la tradizione incontra la modernità e la scienza si avvicina all’arte. Formoso, artista e terapeuta, esplora non solo il potere curativo della musica ma anche la sua capacità di costruire ponti tra culture e storie.
In questa intervista esclusiva, il catnatutore ci porta alla scoperta del messaggio di speranza e unità che anima “Zajal”. Beirut, simbolo di multiculturalismo, diventa scenario e ispirazione, e il brano si fa portavoce di valori come amore, solidarietà e comprensione, con un’immagine potente: un bambino libanese e uno italiano con uguale diritto alla protezione e alla pace. Con “Zajal”, l’artista regala una voce a chi spesso non ne ha, unendo tradizione e sonorità contemporanee in un messaggio di profonda empatia.
Hai un approccio molto interdisciplinare tra musica e neuroscienze. Ci sono altre forme d’arte o discipline che vorresti esplorare in futuro per arricchire il tuo lavoro?
Mi piacerebbe esplorare l’universo sin dove è consentito all’essere umano e la relazione fra la musica e la fisica quantistica.
La fisica quantistica è un’importante evoluzione che dalla fisica classica ha introdotto i quanti, entrati in scena come ipercinetiche figurine di Paul Klee con la musica di Stravinskij.
Che messaggio vuoi comunicare con il tuo nuovo singolo “Zajal”?
Vorrei comunicare speranza, amore e solidarietà, valori che possono unire persone di diverse culture e background, creando un senso di comunità. Ho voluto citare Beirut è una città che trovo affascinante per la sua caratteristica di avere una popolazione multiculturale dove religioni diverse convivono come in una città multietnica europea. Per questo ho cantato l’immagine di un bambino libanese e un bambino italiano abbiano lo stesso diritto di essere tenuti al sicuro, custoditi dagli adulti.
Zajal vuole essere una voce per i senza voce, proprio perché penso che le canzoni possano dare spazio a storie e esperienze di persone che vivono in situazioni di conflitto. Portando alla luce queste narrazioni in cui si favorisce la comprensione e si promuove l’empatia.
“Zajal” unisce suoni moderni a influenze tradizionali. Come bilanci questi elementi diversi per mantenere un’identità musicale autentica?
Cerco di farlo partendo sempre da una struttura di base che caratterizza gran parte delle mie canzoni, questa struttura la immagino come uno “spazio da arredare attraverso l’arrangiamento”. In una seconda fase mi dedico “all’arredamento” collocando dove meglio esprimono il loro valore e loro identità le parti provenienti da influenze etniche e tradizionali.
Come affronti il processo di scrittura? Ci sono momenti o luoghi specifici che stimolano la tua creatività?
Nel mio caso non do particolare valore al luogo, pur consapevole che alcuni luoghi aiutano l’ispirazione. Si ci sono momenti in cui la composizione viene attivata con spontaneità dallo stato emotivo in cui ti trovi. Così accade nel mio caso.
La tua musica viene spesso descritta come uno strumento di guarigione. C’è un brano tra quelli che hai scritto che per te è stato particolarmente catartico o terapeutico?
Tra le persone che conoscono le mie canzoni, ognuno ha un suo brano preferito spesso inerente a un tema psicologico che riguarda da vicino l’ascoltatore. In termini di consensi generali vengono spesso citate due mie canzoni, “Non ho mai capito” e “Di vento- Adolescenza e Bowlby 432 Hz”. Mi capita spesso di utilizzare alcune mie canzoni durante le sedute di psicoterapia con i pazienti.
Dopo tanti anni di carriera, cosa ti motiva ancora oggi a continuare a creare e a esplorare nuovi territori musicali?
La consapevolezza che l’esperienza umana è un viaggio che si realizza per natura attraverso l’unione di momenti diversi e irripetibili, che la musica è per me un grande dono e una direzione da seguire vivendo, la musica ti invita ad approfondimenti e a scoprirne sempre qualcosa in più. E allora, perché fermarsi.