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L’ARTE DELLA CONTAMINAZIONE NELLA MUSICA DI GIO CRISTIANO/INTERVISTA

Il musicista partenopeo racconta le alchimie del suo nuovo disco che segna anche un cambiamento di percorso artistico

Oggi vi parliamo di Gio Cristiano, chitarrista e songwriter partenopeo. Ha suonato con diversi artisti della scena musicale internazionale, tra i quali gli statunitensi Dean Bowman (con il quale ha realizzato il disco Voodoo Miles), Reggie Washington, Hamid Drake. Con il sassofonista Daniele Sepe ha partecipato alla realizzazione del disco live Direction Zappa.

Con “Del blue (ed altre essenze)” il suo ultimo progetto discografico disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale ha tracciato una linea di connessione tra le esperienze americane ed i linguaggi originari della musica napoletana moderna.

Ciao Gio! È da poco uscito il tuo nuovo disco. In quanto tempo è maturato?

Ciao e grazie dell’invito! Dalle prime stesure di “ddoje parole blues” (uno dei due brani in forma canzone del disco n.d.r.) fino alla post-produzione di tutti i brani, il disco rappresenta una fotografia di un arco temporale di quattro o cinque anni e quindi rappresenta un pò di cambiamenti nel mio percorso musicale.

Chi è stata la prima persona a cui hai fatto sentire il tuo nuovo disco?

Ho capito con il tempo che scrivo – almeno quando lo faccio per me – per cercare qualcosa che non ho qui con me. Di fatto la persona a cui lo avrei fatto ascoltare volentieri, ora non può, non in senso fisico almeno.

C’è qualche aneddoto curioso, accaduto durante le registrazioni del disco che vuoi raccontarci?

Da qualche anno ho un mio studio di registrazione, mi piaceva l’idea di lavorare senza lo stress di avere i minuti contati quando registravo.

Per poter meglio stillare il groove di cui avevo bisogno per questa produzione, abbiamo fissato con i ragazzi della band una session di registrazioni in presa diretta. Registrare in presa diretta ti dà l’adrenalina del concerto live, è una cosa più istintiva, più animalesca.

Ebbene in quella settimana di riprese programmate è successo di tutto, per un fatto o un’ altro siamo riusciti a lavorare insieme solo un paio di giorni. Però va bene così!

C’è un concetto base, un filo che lega tutto il disco?

Forse si! lo sto scoprendo a mano a mano che rispondo alle interviste, mi aiutano a rappresentare anche a me stesso il senso del disco.

“Del blue (ed altre essenze) è il nome dell’album. Il blue è il mood principale di tutto il lavoro, è il mediterraneo che adoro, è la “blue note” che muove tutta la black music ed è il colore della luce del mio studio di registrazione.

Dal punto di vista musicale, invece, quali sonorità hai voluto abbracciare?

Il sound del disco viene fuori da un insieme di elementi: jazz-rock, blues, soul, jazz, in generale una fusione di black music e mediterraneo. Ho sempre un pò difficoltà ad inquadrare un genere preciso per i miei progetti, e questo mi piace, ma credo che in qualche modo segua il sentiero di quella “negritudine a metà” (dal disco Nero a metà di P. Daniele n.d.r.) tracciata dalla “neapolitan power” a partire dagli Showman, Napoli Centrale, Pino Daniele, Enzo Avitabile e altri. Ma naturalmente c’è anche un pò dei complessi universi di Hendrix, Miles Davis, Mingus, Zappa, Monk, Frisell e tutti i musicisti che mi hanno ispirato.

Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?

La fase più intrigante è sicuramente quella iniziale, quando non hai nient’altro che il tuo strumento tra le mani.

Io sono essenzialmente un chitarrista, amo il rapporto con il mio strumento, mi fa stare bene, soprattutto nelle giornate down, momenti in cui non stai lavorando attivamente a qualcosa in particolare – sai: prove, arrangiamenti, recording session – e allora pian piano senti che comincia a fluire una linea melodica, un groove, un’idea di forma canzone. Quando comincio a sentire qualcosa che non somiglia a nient’altro, allora butto giù una registrazione al volo, e poi stop, mi fermo altrimenti comincio a pensare.

Hai programmi riguardo a concerti futuri?

Ogni concerto è un’essenza a sé stante, negli spettacoli live che faccio in quartetto ci sono sia brani scritti, sia massicce dosi di improvvisazioni. Suonare le parti libere, improvvisate come fossero delle composizioni e quelle scritte – anche le canzoni – come fossero forme libere e’ il programma che mi pongo.

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