La celebre voce di “How long” torna in tour per promuovere il nuovo album “One on one”, ma tra gli impegni live continuerà ad esserci quello nel tour di Eric Clapton. Ambizioni future e glorie passate nella conversazione a ruota libera, ricordando quel “The Wall” in Potsdamer Platz a Berlino nel 1990 sul palco con Roger Waters
di Davide Iannuzzi
Di lui Phil Collins disse che avrebbe potuto “cantare l’elenco telefonico”. Il suo acclamato e inconfondibile timbro vocale fu anche celebrato circa dieci anni fa in un documentario della BBC intitolato “L’uomo dalla voce d’oro”, ma il talento di Paul Mervyn Carrack si estende anche a quello di polistrumentista e compositore rendendosi, in una storia ormai cinquantennale, artista poliedrico dotato di rara versatilità, fino ad essere ambito session man del firmamento mondiale più iconico, da Eric Clapton a Elton John e Roger Waters. Per l’artista nativo di Sheffield nel Regno Unito la consacrazione al grande pubblico avvenne a metà degli anni settanta quando come frontman degli Ace cantava il pluri interpretato “How Long”, ma il suo nome si lega anche alla militanza negli Squeeze delle bellissime “Tempted” e “Hourglass” e i Mike + The Mechanics fondati a metà degli anni ottanta dal bassista e chitarrista dei Genesis Mike Rutherford. Dopo la cancellazione del tour del 2020 per le note vicende Covid-19 l’attività live di Paul Carrack è ripresa lo scorso ottobre con il tour promozionale di “One on one” ma sul palco il musicista contunua ad alternarsi tra i suoi concerti e quelli di Eric Clapton in veste di tastierista. Mediafrequenza ha incontrato l’artista in una pausa di qualche settimana tra la prima e la seconda tranches di concerti nel Regno Unito prima di sbarcare prossimamente nei Paesi Bassi.
Dopo l’annullamento del tour 2020 a motivo della pandemia da covid-19 finalmente si riparte. Sarai impegnato per molti concerti tra Regno Unito e Paesi Bassi; In quali altri paesi ti vedremo suonare?
È stato molto deludente che la maggior parte del nostro tour del 2020 sia stata cancellata/rinviata a causa della pandemia. Fortunatamente siamo stati in grado di completare circa 30 spettacoli teatrali nel Regno Unito nei mesi di gennaio, febbraio e marzo prima della nostra chiusura.
Gli spettacoli erano stati tutti molto belli. La band suonava davvero bene e facevamo il tutto esaurito. Fortunatamente ho un piccolo studio a casa, così ho potuto fare buon uso del tempo scrivendo e registrando da solo. Il risultato può essere ascoltato nel mio nuovo album One on One. Suono tutti gli strumenti (tranne i fiati) e l’ho registrato e mixato da solo.
Tornando alla tua domanda, nel 2022, se tutto va bene, faremo 30 spettacoli nel Regno Unito, seguiti dagli spettacoli riprogrammati in Olanda e Belgio. In estate spero di tornare a suonare con gli EC in tutta Europa.
Sappiamo che oltre ai concerti con la tua band continuerai a suonare come tastierista nel tour di Eric Clapton. Che stimoli ti da un periodo artisticamente parlando così intenso su due fronti molto impegnativi?
Gli ultimi 10 anni sono stati davvero frenetici. Ero già molto impegnato in tour e registrazioni con la mia band, ma sono stato anche coinvolto in quasi tutti i tour di Eric in tutto il mondo. Mi ha portato in posti in cui non ero mai stato prima, come il Giappone, l’estremo e medio oriente. Ho avuto modo di suonare con alcuni dei più grandi musicisti del mondo ed è stata un’esperienza così bella
Lo show di slow hand include qualche brano del tuo repertorio come “How long” e “Tampted”?
Non sempre. In realtà sono lì per suonare l’organo Hammond e questo mi va bene. Non ho la pressione di cantare come faccio con la mia band, dove canto ogni canzone. È divertente concentrarsi solo sul suonare l’organo. La gente viene per ascoltare Eric, non me.
Presentaci la band del tuo tour che è partito il 19 ottobre al Bonus Arena di Hull, nel Regno Unito.
Dean Duke – Batteria: è con me da più di 20 anni come la maggior parte della band.
Jack Carrack – Batteria: si è unito alla band circa 10 anni fa. La cosa dei due batteristi funziona alla grande. Elaborano tra loro come coordinare le parti.
Jeremy Meek – Basso: un grande musicista che dà il 100% ad ogni spettacolo (come tutti i ragazzi), ha suonato con Joan Armatrading per molti anni.
Andy Staves – Chitarre: Andy si è unito circa 5 anni fa
Steve Beighton – Sassofoni: Steve è un bravo musicista che è molto richiesto quando non è in tournée o non registra con me.
A proposito di tuo figlio jack alla batteria, pensi che il forte legame famigliare generi sul palco anche una particolare intesa artistica?
Come ho detto prima, questa band è stata con me per oltre 20 anni e abbiamo un’intesa eccezionale. È stato meravigliosamente appagante lavorare a stretto contatto con Jack e ci ha sicuramente avvicinato di più. Ha sicuramente il gene musicale che si è sviluppato in un bravo musicista e in un bravo giovane.
Cosa ha significato per te la pubblicazione di “One on one” nell’anno del tuo settantesimo anniversario?
Sono molto contento che l’album rappresenti abbastanza bene ciò che sono come musicista. Ho avuto una carriera molto diversificata, ma sto cercando di avvicinarmi il più possibile alla mia anima e sento che sto progredendo nella giusta direzione.
Qual’è l’esatto significato del titolo “One on one”?
È stata un’idea del mio amico manager Peter Van Hooke. Allude al fatto che ho realizzato l’album in isolamento durante il lock down.
Ho scritto 9 canzoni su 10 e suonato tutti gli strumenti tranne il sassofono e la tromba. Ho anche registrato, mixato e masterizzato il disco
Il brano “I Miss You” parla dei disagi causati dalla pandemia. Puoi raccontarci l’importanza che ha per te questo testo?
Nostra nipote è nata nel gennaio 2020 poco prima della pandemia e le chiusure hanno impedito di vederla o di sostenere nostra figlia che ha avuto un periodo molto difficile nel parto
Cosa potrebbe cambiare, musicalmente parlando nel mondo post Covid? Il bisogno di scambio tra artista e pubblico in un concerto resterà invariato?
Credo che questa relazione sia molto importante per la salute e il benessere artistico, sia dei musicisti che del pubblico. Credo che i lock down, anche se a volte necessari, siano molto dannosi per la salute degli esseri umani.
Ace, Squeeze, Roxy Music, Mike and the Mechanic, Nick Lowe, Roger Waters: quale di queste esperienze artistiche metteresti in cima alla classifica in ordine di importanza? Perché?
Hanno tutti giocato un ruolo importante nella mia esperienza come musicista per diversi motivi, ma in questi giorni il mio obiettivo è guardare avanti sviluppando il mio repertorio e il mio lavoro come artista solista indipendente.
Nei primi anni novanti ci furono anche gli Spin One Two, con Tony Levin, Steve Ferrone, Phil Palmer e Rupert Hine. Un solo album cover di classici del rock completamente riarrangiate. Perché quel progetto ebbe vita breve?
Fondamentalmente perché tutti i musicisti erano molto impegnati e indipendenti di per sé. È stato un progetto davvero divertente messo insieme da Phil. È stato registrato in poco tempo. In una settimana se non sbaglio. È molto difficile mettere insieme un gruppo di musicisti di quel calibro perché hanno tutti altri progetti in corso.
Nel 1990 Roger Waters ti volle sul palco di The Wall nello storico concerto di Berlino a Potsdamer Platz a interpretare il brano “Hey You”. Nel cast c’erano anche Joni Mitchel, Van Morrison, Scorpions, Brian Adams e altri big. Cosa ricordi maggiormente di quella esperienza?
Era diverso da qualsiasi altra produzione prima o dopo. Sono stato ingaggiato tardivamente per sostituire qualcuno (non so chi). Ero molto nervoso a causa della portata dell’evento, con oltre 250.000 persone ad assistervi. Ma sono molto orgoglioso di essere stato coinvolto in un evento iconico
Quel concerto celebrava la caduta del muro di Berlino e inaugurava una nuova era culturale. Quali sono oggi i muri ancora ancora da abbattere con il contributo della musica?
C’è così tanta divisione nel mondo oggi che è tutto molto preoccupante. Non vedo la mia musica come qualcosa di politico, ma credo che la musica possa unire le persone in un modo in cui la politica non può.
Nel 2012 La BBC ti ha dedicato un documentario intitolato “L’uomo dalla voce d’oro”: I circa dieci anni in più di storia, di canzoni e concerti possono bastare per avere un sequel?
Perché no ? Penso di produrre ancora buona musica, forse meglio di quando ero più giovane. Ma se il pubblico sarebbe interessato, questo non lo so.
Un ringraziamento speciale a Fabrizio Ragonese per il lavoro di traduzione