La squadra di Fonseca di nuovo terza, ma pochi se ne accorgono
di Davide Iannuzzi
I giallorossi travolgono l’Udinese, resta ora da chiarire la natura del presunto male che continua a eclissare l’innegabile cifra tecnica e il dato oggettivo più rilevate, quello di una squadra terza in classifica e a soli sette punti dalla vetta. E’ ancora troppo poco per sognare? La Roma non vince con le grandi, vero, ma le grandi non sempre vincono con le minori. Anche questo è vero. A quanto pare, invece, per la squadra di Fonseca questo è un trend costante, quasi un tormentone. Il campionato dei sinonimi e dei contrari continua a rivelarsi in tutta la sua ambiguità, almeno nelle sue variegate chiavi di lettura, mettendo costantemente sotto esame, su tutte, la compagine di Fonseca che, zitta zitta è sul podio delle prime quattro, in linea con gli obiettivi di partenza, sicuramente sovradimensionati rispetto alle aspettative generali della vigilia di questo campionato.
Quale è il vero volto della squadra, quello della pressione mediatica che vorrebbe la testa di Fonseca su un piatto d’argento, in attesa dell’agognato (e acclamato solo a suon di rumors) leader pluriscudettato, o la squadra spumeggiante che in campo regala trame di gioco moderno, veloce e redditizio, fatto di pressing alto e compassate triangolazioni che regalano ai giallorossi il primo posto di squadra che segna di più nel primo quarto d’ora? Bisogna ammettere che se la Roma avesse battuto le grandi oggi si parlerebbe di una Capitale capolista, prospettiva al momento attenibile all’attività onirica, ma solo per autoimposto e condiviso limite. La Roma ha innegabilmente cambiato il passo rispetto alla scorsa stagione, non tanto per la cresciuta media punti quanto per la fibra caratteriale mostrata nella prontezza a rialzarsi dopo una caduta, processo che fino alla passata stagione si innescava solo dopo un prolungato letargo invernale, che vanificava inevitabilmente i parziali prodigi della prima parte di campionato.
Le intemperanze di Dzeko, la vita social di Zaniolo, le papere di Pau Lopez, possibile che non si trovino altre copertine al racconti di un eroe che tutto sommato dimostra di saper combattere a testa alta? La Roma ha battuto 3 – 0 l’Udinese, squadra che aveva registrato il cleanshit nelle precedenti tre gare. Torna a stare davanti a Juve e Lazio, tenendo le distanze da Napoli e Atalanta. Dzeko parte dalla panchina per fare posto a Mayoral, in difesa mancano Smalling e Kumbulla. Le scelte danno ragione al tecnico portoghese. Un centravanti che ha caratteristiche diverse da Dzeko e impeccabile nel primo tocco aumenta lo spettro espressivo dei centrocampisti, spostando il focus di Fonseca dal centrocampo, splendidamente gestito da Villar e Cristante alla tre quarti, con uno sviluppo di gioco costantemente palla a terra.
L’Udinese che proveniva da quattro risultati utili consecutivi, può solo ammirare l’esecuzione perfetta della partitura del suo avversario, si quella scritta dal tecnico portoghese al quale abbiano tutti attribuito quel modesto carisma, presunto male dei risultati meo brillanti. Ora l’approccio è quello giusto, la Roma non si accontenta più. Peccato per il pubblico assente, che forse non ammirava tanto tecnicismo calcistico ai tempi del primo Zeman e nelle prime versioni di Spalletti, o prima ancora nel rivoluzionario modulo a Zona di Eriksson.
E già, ce lo dimentichiamo ma per la Roma il calcio spettacolo era un marchio di fabbrica, passando dal palleggio elegante di Liedholm al pressing esasperato dell’altro svedese, che a nostre spese ci fece ammirare i prodigi del Benfica del calcio totale. Eppure resta la Spada di Damocle, quella delle eterne incognite. Che alla fine Fonseca verrà esonerato per non aver vinto lo scudetto? Ci scusi mister, spesso la penna è più velenosa di un rigore non concesso.