Dalla pesca industriale alle abitudini individuali, l’ambiente ha bisogno del contributo di tutti. Intervista a Andrea Morello Presidente Sea Shepherd Italia Onlus
di Paolo Marra
La scelta di essere consumatori consapevoli e non passivi è un primo passo per la crescita e la realizzazione di una coscienza civile nei riguardi della tutela della straordinaria biodiversità degli oceani. Azioni incontrollate dell’uomo come pesca intensiva e illegale, bracconaggio, 9 milioni di tonnellate di plastica riversate nei mari ogni anno stanno mettendo a rischio di estinzione diverse specie marine, tra le quali balene e squali, con un impatto devastante sull’ecosistema marino da cui dipende il 70% dell’ossigeno che respiriamo attraverso il fitoplancton. La sopravvivenza dell’intera comunità globale dipende da quello stesso mare di cui ci appropriamo nelle calde giornate estive, trasformandolo in luogo di aggregazione “intensiva”. Tutto ciò deve indurre a una profonda riflessione sul bisogno di azioni urgenti e integrate in materia di salvaguardia dell’ambiente ispirate da principi etici e obiettivi comuni, che siano il risultato, non solo di politiche mirate da parte dei Governi mondiali – ancora purtroppo deficitarie-, ma soprattutto di scelte quotidiane di ogni cittadino del mondo.
Ne abbiamo parlato con Andrea Morello Presidente della Sea Shepherd Italia Onlus, organizzazione no profit che si occupa dal 2010, grazie ad iniziative di volontariato, della salvaguardia della fauna ittica e degli ambienti.
Vediamo di conoscere meglio la vostra organizzazione, la Sea Shepherd Italia Onlus: come nasce e quali sono le attività messe in campo negli anni per la salvaguardia degli oceani?
La Sea Shepherd Italia Onlus è una costola della più grande Sea Shepherd Global che sovrintende alle 12 navi che abbiamo attualmente in dotazione con l’obiettivo, da ormai 44 anni, di occuparci della difesa dei nostri oceani. Fondata dal capitano Paul Watson nel 1977, che in precedenza aveva fondato Greenpeace, per fermare ed intervenire direttamente quando le specie del nostro mare vengono messe a rischio di estinzione. Nel 1977 Sea Shepherd ha iniziato con delle campagne finalizzate a proteggere i cuccioli di foca (ne venivano massacrati 250.000 ogni anno per il mercato delle pellicce), con il sostegno di grandi personaggi, come Brigitte Bardot. Una campagna vinta dopo quasi 20 anni con la messa al bando di tutti i prodotti derivati dalle foche in Europa. Altra campagna che ci ha reso famosi è quella in Antartide, dove il Giappone si autoassegnava una quota di uccisione illegale di balene a scopi scientifici, agendo di fatto “in barba” alle leggi -illegale perché nel 1986 viene fatta una moratoria in cui viene esclusa la commercializzazione della carne di balene per evitare la loro estinzione- Dopo 12 anni abbiamo portato il Giappone davanti al Tribunale Internazionale dell’Aia, vincendo la causa nel 2014, con la quale al Giappone viene revocata la licenza; oggi le navi giapponesi possono navigare solo nel loro mare. In seguito nel 2010 viene fondata la Sea Shepherd Italia Onlus, con la prima grande campagna, la Blue Rage, per la liberazione di 800 tonni rossi dalle reti illegali, dette gabbie, davanti alle acque libiche.
Che cosa risponderebbe a chi accusa la Sea Shepherd di essere un movimento violento, di adottare proteste pericolose e atti di pirateria?
Il termine che usiamo noi è che “siamo aggressivamente non violenti”, perché non abbiamo mai fatto male a nessuno. Chi ci accusava di essere terroristi o pirati – accuse mosse per piu trent’anni proprio dai nostri “nemici” Giappone, Islanda, Norvegia… nazioni “balenerie”- quando sono state portate davanti al Tribunale Internazionale dell’Aia sono stati considerati di fatto degli ecoterroristi, a differenza di noi che siamo stati riconosciuti come autorità vigente, proprio in quelle zone in cui le autorità non ci sono, come l’Antartide, dove non c’è una nazione che governa, non ci sono acque nazionali ma piuttosto internazionali. Oggi, questo riconoscimento è stato consolidato non solo dallo stretto rapporto che abbiamo con la Guardia Costiera e di Finanza ma, ancor più, dalle relazioni con governi come quello del Messico, della Liberia, Italia, Francia, con cui collaboriamo per fermare le attività illegali in alto mare, concentrate sulla pesca illegale d’altura, non regolamentata e riconosciuta, che equivale al 40 per cento del pescato globale.
Ci sono state in tempi passati però delle critiche da parte di Greenpeace per quanto riguarda il vostro modus operandi in mare.
Greenpeace è stata tra le prime ad accusarci di essere violenti. Ma noi agiamo per fermare mezzi illegali, intervenendo anche contro leggi draconiane che devono essere cambiate. Questo Greenpeace non può assolutamente farlo, perché hanno sedi a terra, collaborano con governi, si occupano di protesta e di dialogo politico. Per questo negli anni sono stati “abbagliati” dalle messa in scena di Governi che ci accusavano di essere violenti, ma mirano solo al proprio profitto. Una balena non viene cacciata per sport o tradizione, ma per commercio e, quando si attacca il profitto, si scatena un contrattacco come quello che abbiamo ricevuto noi. Ma, come abbiamo visto durante questa pandemia, è sempre più importante proteggere la biodiversità da cui dipende la sopravvivenza della nostra specie. Questa è una battaglia globale che non possiamo permetterci di perdere.
Entriamo nel quotidiano, ognuno di noi come consumatore deve scegliere tra migliaia di prodotti da mettere in tavola ogni giorno: quali consigli darebbe per scelte consapevoli, il più possibile in linea con la salvaguardia dell’ambiente ma anche della nostra salute?
Il primo consiglio è di informarsi su internet, ma potete comunicare anche con noi, mandandoci delle email. I consigli che posso dare… per esempio scegliere di mangiare il pesce spada o no, comprato al supermercato, e di conseguenza scegliere di farlo entrare nella nostra alimentazione, implica una pesca industriale in cui il 30 per cento come package viene ributtato in mare, uccidendo 6.000 delfini in Francia, squali nel Mediterraneo e alimentando la pesca illegale. Quindi bisogna riflettere se è proprio necessario avere quel gusto in bocca, e di conseguenza cambiare la propria dieta, eliminando il pesce proveniente dalla grande distribuzione. Stesso discorso con la carne, diminuendone il consumo si contribuisce di conseguenza all’eliminazione economica degli allevamenti intensivi. Ma anche cercando un packaging dei prodotti che sia riutilizzabile o evitando ingredienti come l’olio di palma, la cui produzione ha distrutto interi paesi, come la Malesia, con un impatto devastante sull’ambiente.
Tutto ciò implica un cambiamento delle nostre abitudini sociali, dalle attività all’educazione alimentare, rivolta in modo specifico alle nuove generazioni. Iniziative da mettere in campo di non facile attuazione…
Un lavoro fondamentale che devono fare i media e i mezzi d’informazione per farsi ascoltare da milioni di persone, che coscienziosamente vogliono conoscere l’impatto che può avere il cambiare le nostre abitudini. Una sfida non solo educativa ma anche evolutiva, per evitare la nostra estinzione. L’abbiamo assaporato con la pandemia, durante la quale abbiamo dovuto cambiare le nostre abitudini, addirittura non potendo più uscire di casa. Eravamo dentro delle scatole di cemento, esattamente come i delfini quando vengono strappati dalla loro vita libera negli oceani e messi dentro dei delfinari, dove rimangono tutta la vita, per impazzire ed essere nutriti con psicofarmaci. In questo caso viene fatto per profitto, nel nostro caso a causa di un virus.
Le politiche dei leader mondiali in merito alla pandemia da Covid-19 stanno mostrando come il perseguimento degli obiettivi in campo economico siano primari rispetto a fattori contingenti come epidemie, disastri ambientali e di conseguenza la salvaguardia della nostra salute e di quella della Terra. Questo ci spinge a una riflessione sul ruolo di ogni singolo individuo per avviare il cambiamento da lei auspicato.
Noi della Sea Shepherd ci basiamo sull’azione diretta, senza andare a protestare perché qualcun altro agisca. Scegliere e cambiare le abitudini in primis per se stessi. Il grande cambiamento è del popolo! Il capitano Paul Watson, quando ci conoscemmo la prima volta mi disse “se guardi alla storia, non sono mai stati i governi o le grandi organizzazioni a cambiare le cose. Il cambiamento è scaturito dalla passione del singolo individuo, che ha scelto di mettere a repentaglio anche la propria vita per cambiare una singola attività”.
Però non possono prescindere dal ruolo dell’ONU, nel bilanciare le iniziative economiche all’interno dei governi di tutto il mondo, sollecitando il rispetto degli accordi e leggi internazionali mirate a proteggere la fauna marina e l’equilibrio dell’intero ecosistema degli oceani?
Nei 14 obiettivi delle Nazioni Unite per il prossimo decennio uno dei più importanti è quello relativo all’economia del mare, ed enuncia che dobbiamo arrivare ad avere il 30 per cento di porzione del mare che sia protetta. Nel Mediterraneo, culla della più antica cultura del mondo, le reali aree marine protette sono lo 0,2 per cento. Si capisce la distanza fra la realtà e gli obiettivi fissati dell’ONU. Questo sottolinea il fatto che ognuno di noi deve impegnarsi. Ci sono persone della società civile che attraverso Sea Shepherd hanno deciso di dedicare il loro tempo libero ad andare con binocoli e radio sugli scogli per aiutare le autorità a cambiare il destino di aree che oggi sono polmoni di biodiversità.
L’origine del coronavirus è stato rintracciato nel mercato cinese di animali vivi di Wuhan: quali sono le prove a sostegno di una stretta correlazione tra allevamenti intensivi e l’insorgere di malattie sempre meno controllabili come l’Ebola, l’AIDS e SARS?
Sono tutti spillover, passaggi di virus da una specie all’altra. Ed è un fatto naturale, al diminuire della biodiversità ce ne sarà un aumento sempre maggiore. Se noi fossimo un virus nel nostro pianeta tenderemo a mantenere la specie che ci ospita in una sorta di equilibrio con le altre specie. Invece siamo arrivati al punto di far estinguere altre specie. I virus non tenteranno mai di far estinguere una specie, ma a conservarla per stessi. Quando per esempio i babbuini o i Gorilla vanno in pericolo di estinzione l’ospite, cioe il virus, tende a insediarsi in un’altra specie, altrimenti rischierebbe esso stesso l’estinzione. Quello che ci protegge è proprio la biodiversita, protezione e conservazione delle specie, vero e proprio contesto di salvaguardia nei confronti di terribili malattie che mettono in pericolo non solo la nostra esistenza ma l’intero contesto sociale in cui viviamo. C’è un mondo nuovo da costruire per le nuove generazioni nella quale le leggi della biodiversità dovranno entrare nella nostra vita sociale.
L’altra faccia dell’epidemia da Covid-19 è lo scarto di prodotti sanitari come le mascherine che va ad aggiungersi alla quantità abnorme di plastica versata ogni anno in mare.
Anche qui entra in gioco l’educazione: quando si usa un monouso bisogna reintrodurlo all’interno del riciclo. Ricordiamo che il riuso è la prima attività per quanto riguarda lo smaltimento della plastica. C’è bisogno non solo di andare nelle scuole per insegnare ai bambini quello che si deve fare, ma anche di dare l’esempio in tal senso. Sulle nostre 12 navi non usiamo prodotti monouso, nelle nostre cucine non si usano prodotti derivati dagli animali, perché pensiamo sia importante dare la precedenza alla coerenza in quello che si può fare per l’ambiente.
Mi può parlare dell’evento Time4child, previsto a Novembre, e delle iniziative di volontariato organizzate da Sea Shepherd Italia Onlus?
Time4child è un evento a cui partecipiamo molto volentieri perché avremo la possibilità di raggiungere i bambini e gli studenti che rappresentano le generazioni future. Parteciperemo con una rappresentanza di terra e con dei nostri comandanti provenienti da tutto il mondo, tra cui anche io, per raccontare quello che facciamo per la salvaguardia degli oceani e la reale situazione dell’ambiente marino. Time4child sarà in forma digitale a Novembre e a Marzo 2021, pandemia permettendo, alla Fiera di Milano. Con i nostri volontari continueremo a fare campagna di informazione nelle scuole e negli eventi preesistenti per trovare le donazioni per permettere alle nostre navi di continuare a operare in mare. Inoltre per chi vorrà aiutarci come volontario da terra, ci sono le attività per la pulizia delle spiagge e quelle concentrate a proteggere i nidi di tartarughe. In questi mesi le tartarughe vengono dal mare sulle spiagge a nidificare, e se non vengono aiutate rischiano di perdere le tracce per trovare le uova per la nidificazione, cancellate dal turismo e dai macchinari che appiattiscono la sabbia.
Che cosa l’ha spinta personalmente ad entrare a far parte di Sea Shepherd diventando un eroe, come scrive lei, che vuole guarire il pianeta, o almeno che prova a farlo?
L’amore per la bellezza della vita. Sin da piccolo ho avuto un amore estremo per tutte le creature, soprattutto quando ho potuto vedere la vastità del Mare, di cui però ho anche constatato la devastazione. Fatto che mi ha spinto ad agire per il cambiamento.
Un ringraziamento speciale da MEDIAFREQUENZA per Daniela Berti