L’urlo di lavoratori precari e nascosti, le deboli fondamenta di una Repubblica fatiscente
di Vincenzo Vita
La Festa del Lavoro quest’anno è avvolta in un’atmosfera particolare. Il contagio del Covid-19 ha provocato numerosi effetti collaterali, irrompendo brutalmente nel già martoriato universo del lavoro. Oltre che nella salute e nella vita reale della comunità.
Mentre, infatti, imperversa il lockdown, vale a dire la clausura obbligata dalla forza della pandemia, il diritto del e al lavoro è stato di fatto rivisitato.
Se per un verso i decreti della Presidenza del Consiglio hanno allargato le maglie degli interventi dello Stato e degli ammortizzatori sociali, per un altro abbiamo assistito all’inquietante mantenimento di attività produttive non sempre essenziali e spesso senza un’adeguata tutela delle persone impegnate. E’ avvenuto soprattutto al Nord, ma non solo.
E poi, lo straordinario impegno del personale – tutto – degli ospedali e dei luoghi omologhi costretto in condizioni rischiose e difficilissime, con un trattamento economico davvero modesto. Grazie a tale mondo, il virus è stato messo sotto controllo, a costo – però – del sacrificio di numerose vite umane. E’ augurabile che gli “eroi” conclamati di oggi non vengano dimenticati domani. La politica è sempre più “biopolitica”.
Ma è doveroso ringraziare anche altri protagonisti della resilienza di questo periodo. Parliamo dei rider, di coloro che provvedono a quella che i classici chiamarono la “riproduzione” e il femminismo ha nominato la “cura”. Si tratta di lavori palesi ma precari, o precarissimi o, persino, nascosti.
Ecco, il Primo maggio sia l’occasione per urlare la verità: vale a dire che la previsione costituzionale contenuta nell’articolo 1 della Carta non è attuata. La Repubblica è sempre meno fondata sul lavoro.
Il gruppo legato all’Archivio Audiovisivo, “Opponiamoci”, sta documentando storie ed esperienze inerenti al vasto universo della crisi e delle sue conseguenze sugli esseri viventi. Quelli in carne e ossa, non virtuali.
Tuttavia, il network virtuale che ha celebrato il 25 aprile attraverso la Rete ha messo in connessione circa due milioni di persone. Il Primo maggio deve essere altrettanto forte nella riuscita. Movimenti digitali: “freddi” e non “caldi”, ma non meno coesi e coscienti delle tradizionali mobilitazioni fisiche. Certamente, tutti abbiamo nostalgia del concertone di Cgil Cisl Uil.
L’AAMOD intende dare, come sempre, un contributo originale e fattivo ad una giornata dedicata al movimento operaio (vecchio e nuovo, italiano e migrante), che rappresenta simbolicamente la nostra ontologia. La nostra stessa denominazione.
Un pensiero particolare va dedicato a chi opera nei settori della cultura e dello spettacolo, sguarniti di difese e in vari comparti dimenticati pure dai provvedimenti governativi.
Ci uniamo ai vari appelli sottoscritti e lanciati da numerose personalità della musica e del teatro. E non ci riferiamo unicamente ai volti noti, bensì all’arcipelago dei cosiddetti intermittenti e stagionali.
E pensiamo alle tante Fondazioni e Istituzioni nazionali e locali che rischiano di non farcela, essendo esperienze estranee in molti case alle logiche di mercato: penalizzate, dunque, due volte.
L’Archivio si sta impegnando nella costruzione di una Mediateca del e sul lavoro, allargando il suo catalogo. Perché la Festa continui. Con gioia e senza le lacrime di Amalia di “Senilità”, alzando le nostre bandiere.
Ufficio stampa AAMOD: Elisabetta Castiglioni – info@elisabettacastiglioni.it