Incontro esclusivo da Zurigo con l’artista di Cuggiono alla partenza del nuovo tour. Spiritualità e ricordi, da Franco Fortini a Crosby Still Nash
di Davide Iannuzzi
È partito il 16 ottobre dalla Svizzera il Tour europeo di Angelo Branduardi che da febbraio 2020 farà tappa anche in Italia. dopo sei anni di silenzio discografico il 4 ottobre è uscito il suo nuovo disco intitolato “Il cammino dell’anima”, opera a concetto unico ispirata alla figura di Hildegard Von Bingen, personalità mistica dell’anno mille e tutt’ora attuale icona dell’emancipazione femminile. La donna fu monaca, reclusa secondo la regola di San Benedetto, fin dall’età di otto anni e poi badessa di Bingen. Fu rivoluzionaria per le provate competenze di poetessa, musicista, filologa ed erborista, esploratrice dell’anima nei suoi molteplici e contorti percorsi. Il suo pensiero e la sua musica non potevano rimanere nascosti sotto il sombrero di una ristretta elite, di un intellettualismo privilegiato ma defilato dalla pubblica fruizione artistica, quella allargata ai comparti popolari. Ma solo pochi musicisti sono in grado di garantire il mantenimento di un perfetto equilibrio tra valore intrinseco di un’opera e la sua narrazione popolare, e forse soltanto uno tra questi poteva trovare e raccontare, come del resto continua a fare da 45 anni, una totale sintonia di mente e spirito con un’epoca storico/culturale complessa e profonda, fatta di respiri umani e pura materia esegetica, come il periodo post medioevo. Costui non può che essere Angelo Branduardi.
M.F. Cosa significa per un artista come Branduardi, oggi, nell’attuale panorama musicale fatto di tendenze e consumo veloce, mettere un pista un’opera a concetto unico, una suite che richiama una tradizione tanto storicizzata quanto faticosa da proporre, al punto di suonare come provocazione?
Lo è. A parte il desiderio di scrivere la musica di una donna incredibile dell’anno mille, sono sempre andato controcorrente, ma è da poco che ci si è accorti che sono un provocatore. Mi ci sento bene in questo ruolo perché la mia è una nicchia internazionale da cui ogni tanto esco, e senza nemmeno accorgermene finisco sul mainstream e piazzo cose importanti. Questo nuovo disco così atipico è entrato subito in classifica dimostrando che indipendentemente da quello che la massa ascolta c’è anche una platea diversa, fortunatamente. E’ proprio a loro che mi rivolgo, ai miei amici.
M.F. Come è nato l’interesse per l’opera della Hildegard?
E’ nato dal fatto di conoscere una donna che è un’aliena, un marziano. Nell’anno mille scrive della musica, scrive poesie, è un medico una dietologa, una botanica, un’erborista ecc. Tutte queste cose, probabilmente se fosse vissuta duecento anni dopo sarebbe stata messa sul rogo. Non a caso è un mito del femminismo storico, ma è stata fatta santa e addirittura dottore della chiesa, una delle uniche quattro ad esserlo, da papa Ratzinger. Io mi sono avvicinato alla sua musica e mia moglie alle sue parole (ndr. sua moglie Luisa Zappa) con grande rispetto. Al lavoro di scrittura della Hildegard ho soltanto aggiunto le progressioni armoniche, che all’epoca non c’erano ancora, e così è nato questo disco a tema unico che si chiama Il cammino dell’anima
M.F. Parliamo un po di esegetica: C’è stato un lavoro di recupero della notazione musicale circa l’opera della Hildegard, oltre che dei testi?
Ho ascoltato multa musica incisa in tempi passati, molte esecuzioni a cappella e così io e il mio amico Fabio Valdemarin abbiamo cercato di leggere la musica come poteva essere allora, e l’abbiamo tradotta secondo le esigenze strutturali più moderne ma con grande fedeltà per gli scritti originali. E’ stato un lavoro lungo e difficile, ma molto bello e appassionante.
M.F. Dalle alchimie della Hildegard alle tue alchimie, i testi di tua moglie Luisa Zappa. Quale è il segreto di questa longevità di rapporto artistico?
Il segreto risiede nel fatto che lei è laureata in lettere antiche e questo è un fattore di sensibilità molto importate, per me che ho frequentato il Conservatorio ma devo tutto quello che so a Franco Fortini, il celebre poeta e saggista che ho avuto come insegnante di Lettere e Storia alla scuola media superiore. Luisa scrive, traduce e adatta da quando era al liceo. Ma poi lavoriamo indipendentemente l’uno dall’altro, e quindi ci confrontiamo ogni tanto per valutare la funzionalità dei risultati che abbiamo ottenuto. È questo stato di equilibrio e discrezione reciproca il segreto di tutto.
M.F. Oltre a Franco Fortini c’è un’ altra figura di peso nel tuo percorso formativo, Pier Paolo Pasolini…
Franco Fortini l’ho amato come poeta e come dicevo l’ho avuto per tanti anni come insegnante a scuola. Ricordo che Il pomeriggio molti dei suoi allievi andavano a casa sua per prolungare il piacere di avere uno scambio. Non ci si stancava mai di ascoltarlo e personalmente posso dire che devo tutto a lui. Se il Conservatorio può avermi dato la forma lui mi ha dato la sostanza. Quello con Pasolini è stato un incontro diverso, direi fortuito. Mi rimasero impresse le letture delle sue poesie in friulano e le conversazioni sul Cinema. Ma la frequentazione non è stata così lunga da tracciare in me quel solco profondo che ha invece lasciato in tanto tempo Franco Fortini.
M.F. Questo nuovo lavoro è un ulteriore tassello nella tua poetica fortemente pregna di musica sacra. Non ti chiedo quale sia il tuo orientamento di fede ma una definizione del tuo concetto di spiritualità.
La fede e la spiritualità non sono un’autostrada, non sono propriamente un cammino, un cammino pieno di buche, dove si inciampa, si cade, si sbaglia, si torna indietro e si riparte. Un pò come i cavalieri della tavola rotonda che cercavano il santo Graal, ma la cosa importante non era il Graal quanto la ricerca in se, che infatti veniva nominata con la r maiuscola. Ecco io sono alla ricerca della spiritualità, perché la musica nasce strettamente legata alla religione e al sacro. Infatti il primo musicista è stato lo sciamano che alterando la propria voce per farla assomigliare secondo lui a quella di Dio parlava al creatore per conto di tutto il villaggio. Poi c’è stata la musica profana, la musica ritmica, quella del corpo maggiormente legata all’essere terreno. Credo che la musica sia l’unica attività umana in grado di unire il Diavolo e l’acqua santa. Unisce l’energia del corpo, il sudore del sangue con la mente. Poi, citando una frase del mio amico Ennio Morricone “la musica è l’arte più astratta”, e quindi la più vicina allo spirito, proprio perché astratta.
M.F. quale è l’elemento di maggior fascinazione del mondo canonico per un musicista, quello che fa scattare il bisogno di approfondimento prima, e di racconto vero e propro poi..?
Questo attiene alla dimensione del mistero. Normalmente dico che non sono io che suono il violino ma è il violino che suona me, e molto spesso ci sono argomenti che scelgono il loro interprete.
M.F. Hai collaborato con molti artisti, alcuni internazionali come lo storico trio Crosby Still Nash, Ennio Morricone, Franco Battiato, Elvis Costello. C’è tra gli artisti moderni qualcuno il cui stile possa stuzzicare la voglia di un confronto e scambio generazionale?
Io amo Battiato al quale giustamente sono stato molte volte accostato per come la musica viene prodotta da me e da lui. Abbiamo fatto alcune cose insieme e c’è un rapporto di reciproca stima. Poi ci sono stati casi eccezionali come i concerti con Crosby Still Nash, dove io facevo la parte di Young.. ah..ah… Appunto Crosby, Still Nash e Angelo. Quella fu una cosa fantastica, durata un’estate intera in giro per il mondo. E’ rimasta una grande amicizia tra me e Stephen Still, tutt’ora lo sento e lo vedo.
M.F. Dunque uno tra gli artisti moderni uno che possa continuare un certo tipo di ricerca sembrerebbe non esserci…
Mi duole dirlo ma è così. La musica ha subito evoluzioni e involuzioni in tutta la sua storia millenaria al punto che si può dire che è la storia dell’umanità.
Ogni volta che leggo i vostri articoli mi ritrovo a vivere belle ed impreviste emozioni. Questo ultimo mi ha fatto incontrare un artista che seguo da sempre ed ha accompagnato molti miei sentieri passati. Leggere qui questa bellissima intervista che ha rivelato tanto sul mondo di Branduardi e ritrovarlo è stato interessante, coinvolgente, emozionante e ha suscitato in me alcuni spunti di riflessione.
Bravo Davide Iannuzzi. Bravi tutti. Continuate così